giovedì 4 settembre 2025
Timelord - Regeneration
My bollock, che disco!!! Si, quel vecchio volpone di Mike Verney non ne vuole proprio sentire d’andare in pensione, anzi, contrariamente a quanto si possa pensare, si rivela essere ancora una volta un grande talent scout dal fiuto infallibile, e proprio come il celeberrimo re Mida che ogni cosa che toccava diventa oro, accoglie sotto le sua lei protettrici questa new sensation che risponde al nome di Timelord, formidabile band che proviene dall’area metallica di Springfield, Virginia, che si rende artefice di un personale, quando caratteristico escursus musicale che riporta alla memoria, senza nulla togliere alla fama e all’onore di molte altre formazioni americana del settore, l’operato di altre due band passate da casa Shrapnel Records, ovvero i mai dimenticati Cacophony del duo Jason Backer/Marty Friedman, ed i Racer X degli assi Paul Gilbert/Bruce Bouillet, sia per quel che concerne le strutture musicali, molto affini alle band in questione, che per la presenza di altrettanti virtuosi della sei corde che rispondono al nome di Matt Aub e Aaron Richert.
Amanti della sei corde dunque drizzate bene le orecchie, anche perché qui dentro troverete pane, e per giunta di ottima qualità, per i vostri denti, ma badate bene, anche perché i nostri non si producono in virtuosismi solistici scontati e fini a se stessi, ma al contrario, riescono a dare vita ad una serie di composizioni che, mettendo naturalmente in risalto le qualità strumentali de lombo in questione, si evolvono in una forma/canzone davvero degna di nota, grazie ad armonizzazioni melodiche e chorus ad effetto, dimostrando in più occasioni d’avere imparato bene la lezione dei maestri del genere, escamotage che naturalmente arricchisce il bagaglio artistico dei nostri.
Composizioni vivaci e potenti che pongono il giusto accendo su una velocità d’esecuzione davvero degna di nota, il tutto esaltato da una produzione che, se vogliamo, esalta ancor di più il tour de force musicale messo in atto dalla coppia Aub/Richert, il primo presente anche nella duplice veste di vocalist, con un breve passato fra le fila dei nostri Thy Majestie, ottimamente supportati dall’immane lavoro svolto dalla sezione ritmica di Joe Konczal e Rick Hodes, rispettivamente basso e batteria, che cercano di arginare con un’innata disinvoltura, il fiume in piena di note che sembra affluire in modo abbastanza spontaneo, e con una cinica spietatezza, dalla mente, ancor prima che dalle abili mani, di questi due autentici stacanovisti del pentagramma, capaci di passare con disinvolta da ambientazioni pacate e ricche di fascino esotico, ad arrembanti porzioni metalliche nel giro di qualche secondo, arrivando a far convivere potenza e propensione melodica, in un sinuoso abbraccio di chiaroscuri che, naturalmente, si ripercuotono all’interno di un songwriting, davvero eterogeneo, sul quale si ergono composizioni intelligenti pregni di intrecci chitarristici davvero al fulmicotone, arricchite da vocals al vetriolo.
Elementi questi che fanno di episodi della portata della marziale “Cult of the dead” e del suo riffing corposo e stentoreo allo stesso tempo, dell’opening track “Down of dissident”, sorta di staffilata metallica che risulta essere la vera essenza di ambientazioni US power metal, e suadenti lievi locuzioni più sinfoniche, della più tenace e persuasiva “Slaves” pervasa da accenti techno trash di fondo, della più melodica, ma non certo meno tecnica, “Aeons calling”, o di “Sparks of rebellion” e delle sue contaminazioni speed/thrash metal, dei veri e propri vademecum del genere duro per antonomasia, e quando ad esplodere sono poi le note della cover dei Raven “Faster than the speed of light”, riproposta in modo davvero esaltante e non tanto dissimile all’originale, quello che si leva è di sicuro un plauso più che encomiabile nei confronti di questa nuova ed agguerrita formazione statunitense che, nel giro di poco più di tre quarti d’ora riesce a ridonare lustro e credibilità ad una scena come quella americana ancora lungi dall’essere considerata veramente alla deriva.
Peculiarità di scrittura raffinata e sopraffina in cui una matrice dalle tonalità sempre più marcatamente techno power/trash metal, si tinge di sovente di colori ed ambientazioni di natura prettamente progressive, una menzione a parte comunque se la meritano le liriche dei testi sempre intelligenti e pungenti, ecco quello che potete trovare all’interno di questo “Regeneration”, un disco a dir poco esplosivo, in cui niente, ma proprio niente, viene lasciato al caso, a parte l’artwork di dubbio gusto, naturalmente, capace di mettere d’accordo sia gli amanti dell’aspetto tecnico che gli appassionati dell’estetismo musicale, roba non di poco, non trovate?
Beppe “HM” Diana
Line up
Mark Kaleiwahea - vocals
Jimmy \"Dee\" Caterine - guitar
Peter Crane - bass
Kevin Lum - drum
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